Responsabilità dei veterinari negli allevamenti

Responsabilità dei veterinari negli allevamenti

(Brano tratto, con il consenso dell'autore e dell'editore, dal libro: "Le fabbriche degli animali: 'mucca pazza' e dintorni", E. Moriconi; Ed. Cosmopolis, 2001 - pagg. 32-33)

Al processo di "oggettivazione" dell'animale hanno partecipato a pieno titolo i medici veterinari, la cui formazione professionale è stata sempre e solo centrata sullo sviluppo della zootecnia. Gli insegnamenti di base collegano infatti le conoscenze fisiologiche ed etologiche semplicemente al miglioramento delle performances produttive.

Anche le trasformazioni dell'anatomia degli animali, verificatesi in questi anni, testimoniano come la professione veterinaria abbia avuto un ruolo centrale nella proposizione di sistemi di allevamento più produttivi sulla base del criterio industriale, senza riflettere sulle condizioni fisiologiche ed etologiche degli animali e alle ricadute per questi.

Come la ricerca medica procede senza soste sul cammino della bioingegneria e lascia ad una riflessione collaterale le questioni bioetiche, così la medicina veterinaria non ha mai considerato importanti le indagini relative al benessere degli animali negli allevamenti intensivi, valutando forse prioritario il raggiungimento di elevati standard produttivi piuttosto che la considerazione del loro stato psico-fisico.

Così, le ricerche relative all'etologia, cioè alla possibilità di valutare scientificamente il benessere e quindi la sua mancanza, il malessere, non hanno mai trovato applicazione pratica se non nel senso di correggere quelle problematiche che potevano causare danni produttivi.

Ad esempio, quando negli allevamenti di galline ovaiole si è visto che le condizioni innaturali scatenavano episodi di aggressività tra gli individui, la soluzione proposta dai veterinari è stata quella di mettere agli animali una specie di occhiale che impediva la vista dei vicini riducendo gli episodi di aggressione.

Solo la ribellione di chi pensa che agli animali vada garantito un minimo rispetto, ha poi imposto l'abolizione di tale apparato, a dimostrazione però che i professionisti si occupano più del guadagno dell'allevatore che del benessere degli animali. Questo non è che un esempio, si potrebbe continuare citando i copertoni introdotti nei box dei suini perché vi sfogassero lo stress accumulato, e via dicendo.

Le valutazioni etologiche erano lasciate ad un altro ramo della ricerca, per cui da un lato si studiavano le situazioni che inducevano dolore agli animali senza far nulla per ridurlo e dall'altro si continuava a proporre sistemi che servissero ad accumulare guadagno senza nessun altro tipo di considerazione.

Solo negli ultimi anni, la corrente di pensiero filosofico che chiede un maggior rispetto del diritto degli animali alla non sofferenza sta influenzando una parte di medici veterinari che non accettano più di considerare gli animali come macchine da sfruttare senza tener conto della loro complessità e della loro capacità di provare dolore non solo fisico ma anche psicologico.

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