La responsabilità del proliferare degli allevamenti intensivi è anche del singolo consumatore: fino a pochi decenni fa la carne era un alimento di lusso mentre ora, solo grazie agli allevamenti intensivi, costa tanto poco da trovarsi sui piatti di tutte le famiglie a ogni pasto, o quasi. Tutti hanno accolto con favore questa diminuzione di prezzo, senza chiedersi che cosa ci fosse dietro.
Allo stesso tempo però, i consumatori pretendono garanzie di salubrità, senza rendersi conto che è impossibile coniugare qualità con produzioni così elevate. Nonostante tutti gli scandali che continuano a susseguirsi, si fa finta di non vedere, di non sapere che il problema deve essere risolto alla radice, eliminando l'allevamento intensivo e consumando quindi carne in quantità molto minore (meglio ancora, non consumandone affatto), pagandola a un prezzo più elevato.
Va contato inoltre, nel calcolo del reale costo della carne, quanto paghiamo in tasse sotto forma di sovvenzione pubblica agli allevatori, e quanto paghiamo in Sanità, in termini di malattie degenerative che potrebbero essere prevenute con una alimentazione priva (o contenente quantitativi molto piccoli) di prodotti animali.
Oggi in Occidente si spende di più in alimenti dimagranti che in cibo "normale": il 30% della popolazione soffre di sovrappeso e ricorre ad alimenti dietetici, a base di prodotti chimici, commercializzati dalle stesse aziende che riforniscono gli allevamenti di farmaci e anabolizzanti.
Si è così creato un circolo vizioso per cui le persone si nutrono troppo e spendono molto per dimagrire, ad esclusivo vantaggio, per entrambi gli aspetti, dell'industria chimica.