Pesce: chi abbocca?

Pesce: chi abbocca?

Traduzione dell'articolo "Fish: What's the catch?", per gentile concessione di EarthSave, www.earthsave.org
Articolo originale: www.earthsave.org/health/fish_whats_the_catch.htm

Se gli oceani fossero esseri umani, verrebbero condotti con urgenza in ospedale, in terapia intensiva, e la loro prognosi sarebbe giudicata molto grave.

Le Nazioni Unite riportano che tutte le 17 aree mondiali più sfruttate per la pesca hanno raggiunto o superato i loro limiti naturali. [1] Quelle che un tempo erano tra le zone più pescose della terra, le Grand Banks al largo del Canada e la Georges Bank nel New England, sono ormai chiuse e considerate commercialmente estinte. [2] La World Conservation Union (Unione per la Conservazione del Mondo) ha stilato un elenco di 1081 specie di pesci minacciate o in pericolo. [3] Le scorte di salmone del Pacifico di circa 106 aree sono esaurite, mentre quelle di altre dozzine di aree sono seriamente diminuite. [4] Ci sono talmente tanti agenti inquinanti nella Baia di Chesapeake che ai pochi crostacei rimasti occorre più di un anno per filtrare l'intero estuario. Al tempo in cui gli europei esplorarono per la prima volta Chesapeake, la popolazione di crostacei lo filtrava tre volte al giorno. [5]

Per lunghissimo tempo, gli oceani hanno fornito un rifugio sicuro per un immenso pantheon di vita, ogni genere di vita. Alcune ricerche indicano che al momento la biodiversità degli oceani è alla pari con quella delle foreste pluviali tropicali. [6] Se questo fatto fosse più noto e se la gente si rendesse veramente conto che stiamo facendo piazza pulita di questi preziosi ambienti subacquei a causa della nostra golosità per il pesce, forse molti valuterebbero seriamente l'eventualità di smettere di cibarsi così liberamente della vita marina.

Troppa pesca e troppo consumo: la perdita netta

Come può essere che acque che un tempo pullulavano di vita ora siano talmente aride da meritarsi la definizione "il Prossimo Bacino di Polvere"? [7] Per dirlo semplicemente, l'appetito dell'umanità per il pesce ha superato la capacità della natura di soddisfarlo.

Oggi ci sono circa 13 milioni di pescatori al mondo. Dodici milioni usano delle semplici tecnologie tradizionali per catturare circa la metà del pescato mondiale. Il restante milione di pescatori utilizza 37.000 pescherecci industriali ed è responsabile dell'altra metà delle catture. [8] Questi pescatori dispongono di congegni altamente sofisticati che vanno dai sonar, agli aerei da rilevamento, a reti grandi abbastanza per inghiottire dodici jumbo jet 747. [9]

Poiché è diventato sempre più facile fare razzia di pesci dal mare, e poiché la stazza delle navi è aumentata, i pescatori hanno raggiunto una meta un tempo inimmaginabile: hanno cominciato a privare i mari della loro ricchezza genetica. Le innovazioni industriali permettono ai pescatori di assicurarsi dall'oceano una percentuale stupefacente (dall'80 al 90%) di una data popolazione ittica in qualsiasi periodo dell'anno. [10] Singole specie sono state portate sull'orlo dell'estinzione, e il rapporto "predatore-preda", evolutosi nel corso di millenni, è stato infranto. [11]

Ma c'è di più. Poiché le specie ittiche più richieste sono vittime di una pesca intensiva e perdono la loro convenienza commerciale, i pescatori si orientano verso specie meno desiderabili, a un livello più basso della catena alimentare. Questo priva del cibo i pesci più grandi, i mammiferi e gli uccelli marini, creando un'ulteriore devastazione. [12] Inoltre, poiché le specie meno appetibili sono anche meno remunerative per i pescatori, questi devono pescarne in numero sempre maggiore per assicurarsi lo stesso guadagno. Dove ci porterà tutto questo?

A causa della drastica diminuzione del pescato, i posti di lavoro sono minacciati ed i governi si fanno avanti per sostenere le industrie di pesca dal futuro incerto. Nel 1994, secondo le Nazioni Unite, i pescatori di tutto il mondo hanno speso 124 miliardi di dollari per una pesca che ne valeva solo 70. La differenza - quegli enormi 54 miliardi di dollari - fu coperta dai governi e, quindi, dai contribuenti. [13] Purtroppo, sussidi di questo tipo incoraggiano l'eccesso di produttività nell'industria della pesca. Tra il 1970 e il 1990 la flotta da pesca industriale mondiale è aumentata del doppio rispetto al tasso di pesca globale. [14] Con quale effetto? Sempre più barche che pescano sempre meno pesci.

Spettatori innocenti

Per peggiorare ulteriormente la situazione, l'industria ittica moderna comporta sprechi incredibili. Per ogni pesce, crostaceo o mollusco che finisce sui nostri piatti, svariate altre creature marine muoiono nello stesso processo. Le vittime innocenti sono pesci dal valore commerciale minimo o nullo, pesci giovani, tartarughe, uccelli marini e mammiferi marini come i delfini. [15]

La pesca dei gamberetti è particolarmente indiscriminata. Per ogni mezzo chilo di gamberetti venduti, vengono catturati fino a dieci chili di altre creature marine. [16] I loro corpi, morti o moribondi, vengono poi rigettati in mare. I metodi di pesca del tonno sono diventati più attenti verso i delfini, ma continuano a intrappolare migliaia di squali, tartarughe e pescispada. (Naturalmente uccidono anche i tonni, creature maestose che possono raggiungere il peso di cinque quintali e la velocità di 90 chilometri all'ora). Allo stesso modo, ogni cinque granchi venduti, cinque o sei granchi più giovani vengono catturati per poi essere rigettati in mare. [17] Per quanto queste cifre siano inquietanti, la portata dello spreco probabilmente è molto maggiore, perché non tutte le "uccisioni aggiuntive" vengono documentate. [18]

Ci si potrebbe chiedere se l'acquacoltura o l'allevamento ittico riducano l'impatto sugli oceani causato dai metodi distruttivi della pesca industriale. "Per assurdo, invece ha il risultato opposto", dice Carl Safina, Ph.D., direttore del National Audubon Society's Living Oceans Program (Programma Oceani Vivi della National Audubon Society). Come può essere così? Dunque, tanto per cominciare, i giovani pesci usati nell'acquacoltura, e il cibo con cui vengono alimentati, spesso sono presi direttamente dal mare. [19] Per di più, l'acquacoltura viene condotta solitamente nelle aree costiere, dopo aver abbattuto le foreste di mangrovia, che per molti pesci costituiscono l'ambiente primario per la deposizione delle uova e per il parto. Fino ad oggi sono state abbattute, prosciugate, arginate o interrate circa metà delle foreste di mangrovia del mondo. [20] L'acquacoltura richiede inoltre grandi quantità di acqua pulita, di cibo, e un uso massiccio di antibiotici.

A pesca con le pallottole

"L'anarchia emergente negli oceani", così un funzionario delle Nazioni Unite descrive la situazione delle acque profonde. Con un numero sempre crescente di barche a far razzia in acque ormai prive di pesci, è inevitabile che si creino battibecchi. I russi attaccano le imbarcazioni giapponesi nel Pacifico nord orientale. I pescatori scozzesi attaccano un peschereccio a strascico russo. Una pattuglia delle Isole Falkland insegue per più di 6000 chilometri una nave per la pesca di calamari di Taiwan. Le pattuglie norvegesi tagliano le reti di tre navi islandesi e volano degli spari. Pattuglie filippine arrestano pescatori cinesi presso le contese Isole Spratly nel mare della Cina meridionale. Il numero di scontri è in continuo aumento. [21]

La diminuzione delle popolazioni ittiche ha anche provocato un altro tipo di conflitto. Dato che, per riempire le stive, le flotte da pesca industriale si avventurano sempre più lontano rispetto alle loro acque territoriali, navigano sempre più nelle zone frequentate dai quei pescatori per cui la pesca è l'unico mezzo di sostentamento per le proprie famiglie. Come riportò il National Geographic nel 1995 "per queste persone ogni riduzione nelle zone di pesca vuol dire fame". [22]

Amo, lenza e PCB

Il pesce pescato da questi 12 milioni di pescatori che praticano la pesca per il proprio sostentamento può rappresentare un'esigenza alimentare per coloro che lo mangiano, ma lo stesso non può essere detto di quanto consumato nel mondo sviluppato. Negli Stati Uniti, dove il pesce viene pubblicizzato come fonte di proteine con pochi grassi, l'americano medio consuma già circa il doppio delle proteine consigliate. L'eccesso di proteine non è un lusso senza rischi; ad esso è collegata l'obesità, i disturbi ai reni e l'osteoporosi, oltre ad altri seri problemi di salute. Siete preoccupati che con una alimentazione a base di vegetali non si assimilino sufficienti proteine? Non abbiate timore. Le proteine sono reperibili in molte varietà di vegetali, ed è virtualmente impossibile non riuscire ad assimilarne abbastanza con un'alimentazione varia a base di vegetali. [23]

Ci sono molte altre ragioni che riguardano la salute personale che possono portare a considerare l'idea di smettere di mangiare prodotti della pesca a favore di frumento, fagioli, semi, frutta secca e fresca, verdura.

Tanto per cominciare, il pesce non contiene nessuno dei fitochimici protettivi, degli antiossidanti e delle fibre che si possono trovare negli alimenti di origine vegetale. Le verdure dal colore verde scuro, la colza, l'olio di soia e di noce, il tofu, le noci, i semi di zucca e di lino e il germe di grano hanno lo stesso eccezionale acido omega-3 protettivo per il cuore, presente nel pesce. [24] Inoltre, i vegetali non contengono colesterolo, al contrario del pesce. Una porzione di un etto di salmone, per esempio, contiene 74 milligrammi di colesterolo, circa la stessa quantità contenuta in una bistecca o nel pollo. [25] Quanto colesterolo dovremmo mangiare? Una recente conferenza internazionale tra importanti cardio-ricercatori ha concluso che "l'assunzione ottimale di colesterolo in un adulto è probabilmente pari a zero". [26]

I pesci e i crostacei possono inoltre diventare il ricettacolo di rifiuti industriali e cittadini, nonché di sostanze chimiche usate nell'agricoltura che defluiscono nelle acque di tutto il mondo. Come osservò un esperto: "Se c'è qualche problema nell'acqua, con tutte le probabilità lo stesso varrà anche per i pesci". [27]

Prendiamo ad esempio il PCB (poli-cloro-bifenile), un liquido sintetico usato un tempo a scopi industriali, ma vietato nel 1976 in quanto cancerogeno. Secondo un'inchiesta dell'Unione Consumatori (editori della rivista Consumer Reports) "La fonte primaria di PCB nell'alimentazione umana è di gran lunga il pesce. I PCB si accumulano nell'ambiente e la loro composizione cambia, e diventano gradualmente più tossici. E' molto probabile trovare nel pesce queste forme più tossiche. I PCB si accumulano nei tessuti del corpo. I PCB che mangiamo oggi, resteranno con noi per decenni a venire". Delle otto specie analizzate dall'inchiesta, l'unione consumatori ha trovato la presenza di PCB nel 43% dei salmoni, nel 25% dei pescespada e nel 50% dei pesci di lago. [28]

Tra gli altri agenti inquinanti che si possono trovare nelle creature marine, vi è il mercurio (dannoso per il sistema nervoso e il cervello), il piombo (dannoso per lo sviluppo comportamentale nei bambini) e i pesticidi. [29] I pesci e i crostacei sono anche il ricettacolo di una serie di tossine di origine naturale, nessuna delle quali può essere individuata alla vista o all'olfatto, né può essere distrutta con la cottura. [30]

L'inchiesta dell'Unione consumatori ha anche rivelato che circa la metà del pesce analizzato proveniente dai mercati di New York, di Chicago e di Santa Cruz era contaminato da batteri derivanti da feci umane e animali. [31] Perché questo pesce contaminato non era stato individuato all'origine? Gli ispettori sottopongono ad esami batteriologici e chimici uno scarso 1% del pescato domestico ed il 3% del pescato d'importazione. [32] Non c'è dunque da meravigliarsi se il Centro per il controllo delle malattie riporta una media di 325.000 avvelenamenti da pesce contaminato ogni anno. [33] In effetti questa cifra indica che il numero reale di avvelenamenti è sottovalutato, poiché molti malati attribuiscono quei sintomi a influenza o altro, piuttosto che a pesce avariato.

Per tornare indietro: una ricetta per salvare gli oceani dall'amo

La situazione è grave, ma non disperata.

Per salvaguardare gli oceani da un ulteriore declino, occorre mettere in atto una serie di misure. Dobbiamo tentare di frenare tutte le forme di inquinamento dell'acqua in maniera sempre più efficace. Dobbiamo mettere fine allo sviluppo sfrenato dei nostri litorali. Dobbiamo convincere i governi a smettere di sostenere la pesca con sussidi, usando i soldi dei contribuenti. E dobbiamo far pressione sui governi, sulle agenzie di controllo e sui pescatori affinché pensino alle generazioni future piuttosto che lottare l'un l'altro fino all'ultimo pesce.

Certamente si tratta di obiettivi ambiziosi, ma ogni giorno possiamo fare qualcosa per aiutare a proteggere e a ringiovanire le nostre acque in pericolo, sentendoci per questo gratificati. Possiamo scegliere un'alimentazione attenta al benessere degli oceani. Qualcuno potrebbe suggerire che riducendo drasticamente il nostro consumo di pesce e frutti di mare non si risolve che in minima parte il problema. Se smettiamo di mangiare creature marine faremmo davvero la differenza? Data l'immensa difficoltà nel convincere i pescatori e i governi di tutto il mondo a smettere di depredare le forme di vita marine, solo con le nostre scelte personali possiamo fare davvero qualcosa. Inoltre, è proprio a causa della domanda del consumatore che siamo arrivati a questa situazione, e solo una profonda riduzione della domanda può evitare il collasso totale dei mari. Se gli americani cominciassero a dimezzare il loro attuale consumo di pesce, circa un milione di tonnellate di forme di vita marina sarebbero risparmiate ogni anno, per non parlare di tutte quelle che vengono uccise accidentalmente. Questo permetterebbe agli oceani, ai fiumi, ai torrenti, ai laghi, agli estuari di avviare il processo di guarigione.

Fai tutto quello che puoi per risparmiare i mari e tutte le loro creature dall'amo. Comincia eliminandole dal tuo piatto.

Dire "no, grazie" alla carne e ai latticini può salvaguardare l'acqua e i pesci?

Sostituire il pesce nel tuo menu con cibi integrali nutrienti di origine vegetale, è un modo vitale e diretto per contribuire a proteggere e a prendersi cura degli ecosistemi acquatici attualmente sotto assedio, sia per le acque dolci che per quelle salate. Un altro modo meno ovvio consiste nel ridurre il proprio consumo di prodotti di origine animale. Come mai? Per via del loro impatto altamente inquinante per le acque, che, nel pedaggio totale richiesto agli ecosistemi acquatici di tutto il mondo, è secondo forse solo al depauperamento delle risorse ittiche.

Visto che il modo in cui mangiamo definisce il modo in cui viene usato il mondo, una persona che segue un'alimentazione a base di vegetali è poco o per nulla responsabile delle massicce quantità di terreni impoveriti, erosi, e delle acque inquinate degli allevamenti intensivi di questa nazione. Queste attività producono agenti inquinanti - principalmente azoto e fosforo derivanti da fertilizzanti e da concime, e sedimenti derivanti da terreni erosi - che solitamente si fanno strada attraverso torrenti, ruscelli, laghi, fiumi e oceani. [34] Le sostanze inquinanti arrivano principalmente da due fonti: 1) terre coltivate per produrre mangime per animali (più del 60% dei terreni coltivati d'America è coltivato a questo scopo); 2) le aree di produzione animale, compresi i terreni per l'allevamento e per il pascolo. Gli animali da fattoria negli Stati Uniti producono una quantità di rifiuti approssimativamente dieci volte maggiore di quella prodotta dagli abitanti umani. [35]

Quanto è grande il problema? E' GRANDE. L'Agenzia per la Protezione Ambientale (EPA) ha riconosciuto l'agricoltura come l'origine principale dell'inquinamento dei corsi d'acqua della nazione. Essa genera un tasso di inquinamento maggiore di quello apportato sia dalle fonti cittadine che industriali. Secondo l'organizzazione Trout Unlimited "La nazione è piena di esempi di bacini che contengono un ecosistema prezioso, contaminato dalle scorie dell'agricoltura e fisicamente degradato dal pascolo e dall'allevamento di bestiame". [36]

Perché le sostanze inquinanti agricole sono così devastanti? I sedimenti sono la causa principale, perché soffocano le uova e fanno friggere vivi i nuovi nati; inoltre fanno da filtro alla luce solare, uccidendo le piante acquatiche che forniscono un riparo per i pesci e per gli organismi di cui i pesci si nutrono. [37]

Le sostanze nutritive derivanti dai fertilizzanti e dal concime possono avere un effetto tossico molto acuto sugli organismi acquatici. Gli scienziati sostengono che le sostanze nutritive di cui sono sovraccarichi i rifiuti animali e umani, e i fertilizzanti, sono responsabili della morte negli ultimi mesi di dieci milioni di pesci nel North Carolina sudorientale. [38] Le sostanze nutritive sono anche responsabili della crescita innaturale delle alghe, che privano i pesci dell'ossigeno necessario per vivere. [39] Come ulteriore danno, le sostanze chimiche inquinanti possono portare con sé un assortimento di germi patogeni (come i batteri coliformi fecali) e di tossine. [40] Tra il 1963 e il 1985 più di 200 mila pesci sono stati uccisi dai pesticidi toxafene e ensosulfan solo nella Central Valley della California. [41]

I processi coinvolti nel deflusso di sostanze inquinanti agricole si auto-alimentano in un circolo vizioso. Con l'erosione del terreno, gli habitat acquatici vengono inquinati, perdendo così la fertilità stessa del terreno. Gli agricoltori "rinforzano" lo strato superiore di terreno con applicazioni supplementari di fertilizzanti chimici, che però svaniscono presto in quanto il terreno non è più in grado di trattenere sostanze nutrienti. Di conseguenza l'inquinamento e l'erosione peggiorano. La produttività del terreno crolla, e il circolo vizioso ricomincia nuovamente. [42]

I pesci d'acqua dolce, come le trote, sono i primi a risentire dell'acqua inquinata dall'agricoltura, essendo vicini al punto di contaminazione ed essendo molto sensibili all'inquinamento (infatti l'American Fisheries Society sostiene che l'allevamento di bestiame sia il principale colpevole del decesso della trota selvatica di questa nazione). Tuttavia, nemmeno i pesci d'acqua salata ne sono immuni. Più del 75% della pesca commerciale statunitense di pesce di mare comprende specie che per un certo periodo delle loro vite dipendono dai grandi fiumi del nord America e dagli estuari. [43]

Siamo arrivati al punto in cui i pesci non hanno più bisogno di arrivare vicino alla costa per essere infettati o uccisi dai rifiuti agricoli. Come è stato riportato dal Wall Street Journal nel settembre del 1995, i ricercatori stanno controllando la crescita di una distesa senza vita all'estremità del golfo del Messico che ora copre circa 10000 chilometri quadrati , all'incirca come la superficie del New Jersey. Questa "zona morta" è il risultato di una "reazione a catena" ecologica messa in moto da tutti i fertilizzanti chimici, i concimi animali, i sedimenti e i pesticidi che sono finiti nel fiume Mississippi. Le sostanze nutrienti in eccesso scorrono dal fiume fino al golfo del Messico e scatenano una crescita esponenziale delle alghe. Quando le alghe muoiono e precipitano sul fondale, la loro decomposizione priva l'acqua di ossigeno, creando una trappola mortale per ogni pesce o gamberetto che non riesca a scappare. [44]

C'è un'ultima connessione fondamentale tra la produzione di cibo animale e il benessere degli oceani. Attualmente un terzo di tutto il pesce pescato al mondo viene trasformato in mangime per il bestiame. [45] Questo dato sconvolgente mette in evidenza quanto siano lontani e a volte imprevisti i benefici ambientali determinati dallo scegliere un'alimentazione a base di vegetali. Dimostra inoltre l'importanza di un simile cambiamento per l'uso sostenibile e saggio delle risorse naturali della Terra.

Bibliografia

  1. Lester Brown, et al. Vital Signs: 1994 (Washington, DC: Worldwatch Institute, 1994), p 32.
  2. Carl Safina, "The World's Imperiled Fish", Scientific American, Nov 1995.
  3. Brian Groombridge, ed., Global Biodiversity: Status of the Earth's Living Resources, World Conservation Monitoring Center, in collaboration with the World Conservation Union, UN Environment Programme, World Wide Fund for Nature, and the World Resources Institute (New York: Chapman & Hall, 1992).
  4. Rick Mooney, "Water, Clean and Clear", Field & Stream, Aug 1995.
  5. Peter Weber, "Oceans in Peril", E Magazine, May/June 1994.
  6. Ibid, p 38.
  7. Michael Parfit, "Diminishing Returns", National Geographic, Nov 1995, p 37.
  8. Ibid.
  9. Safina, as per note 2.
  10. Safina, as per note 2.
  11. Gar Smith, "Save the Tuna", Earth Island Journal, Fall 1994, p 19.
  12. Safina, as per note 2.
  13. Lester Brown, as per note 1.
  14. Safina, as per note 2.
  15. Safina, as per note 2.
  16. Safina, as per note 2, and Joan Hamilton, "All You Can Stomach", Sierra, Nov-Dec, 1994, p 38.
  17. Safina, as per note 2.
  18. Safina, as per note 2.
  19. Safina, as per note 2.
  20. Weber, as per note 5.
  21. Michael Parfit, as per note 7.
  22. Ibid, p 22.
  23. T. Colin Campbell, Ph.D., "The Protein Puzzle", Nutrition Advocate, Aug 1995.
  24. Melina, Davis, Harrison, Becoming Vegetarian (Summertown, Tenn: Book Publishing Company, 1995) p 105. Gurney Williams III, "What's Wrong With Fish?", Vegetarian Times, Aug 1995.
  25. Jean Pennington, Food Values, 15th edition, Perennial Library Press, 1989.
  26. Moncada S, Martin JF, Higgs A, Symposium on regression of atherosclerosis. European Journal of Clinical Investigation 1993;23:385-98.
  27. Michael Jacobson et al., Safe Food Eating Wisely in a Risky World, Living Planet Press, 1991, 118.
  28. "Is Our Fish Fit to Eat?", Consumer Reports, Feb 1992.
  29. Ibid, p 112.
  30. Michael Jacobson et al., as per note 27, p 121.
  31. As per note 27, p 103.
  32. Michael Jacobson et al., as per note 27, p 125.
  33. Gurney Williams III, as per note 24.
  34. Trout Unlimited, The Invisible Menace: Agricultural Pollution Run-off in Our Nation's Streams, Feb 1994.
  35. Jim Mason, "Fowling the Waters", E Magazine, Sept/Oct 1995, p 33.
  36. Trout Unlimited, as per note 1, p 3.
  37. Trout Unlimited, as per note 1.
  38. Ilene LeBlanc, NPR Saturday Morning, Jan 6, 1996, first aired on Living on Earth. Nutrients are promoting a toxic dynoflagelate called fiesteria, discovered by Joanne Burkholder at NC State. 75 percent of the nutrients are from agriculture.
  39. Trout Unlimited, as per note 1.
  40. Peter Weber, "Oceans in Peril", E Magazine, May/June 1994.
  41. Trout Unlimited, as per note 1, p 5.
  42. Trout Unlimited, as per note 1.
  43. Fisheries, 1993 vol 18, no 10, p 4.
  44. Jonathan Tolman, "Poisonous Runoff from Farm Subsidies", Wall Street Journal Sept 8, 1995, A10.
  45. Safina, as per note 2.

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