La desertificazione dei pascoli del West americano

La desertificazione dei pascoli del West americano

Fonte: "Ecocidio", J. Rifkin; Ed. Mondadori, 2001

La peggiore conseguenza dell'eccesso di pascolo sui terreni demaniali americani è stata, secondo quanto rilevato da Rifkin, la grandissima riduzione della presenza di animali selvatici, in particolare di grandi ungulati, ridotti a un misero 5% della loro presenza originale. L'agenzia federale preposta, il Bureau of Land Management (BLM) ha sempre favorito gli allevatori di bovini nell'assegnazione di pascoli, spingendo così i grandi ungulati, resi incapaci di competere per la poca erba, verso terre marginali dove li attende la lenta morte per denutrizione o una morte ancora più atroce nelle maglie del filo spinato di recinzione. L'utilizzo degli erbicidi e dei pesticidi, con i quali vengono irrorati i terreni per eliminare piante erbacee e arbusti, fonte di nutrimento per gli animali selvatici, per rimpiazzarli con coltivazioni monocolturali esotiche destinate ai bovini, ha rappresentato un ulteriore mezzo di sterminio.

Inoltre, nell'ultimo secolo, puma, coyote, orsi, linci, gatti selvatici e aquile sono stati oggetto di campagne di sterminio che li hanno condotti sull'orlo dell'estinzione e il loro massacro ha contribuito, nel West degli USA, alla destabilizzazione dell'ecosistema delle pianure e all'avanzamento della desertificazione.

Si è trattato e si tratta dei risultati di operazioni governative insensate, che riecheggiano, come ricorda Rifkin, lo sterminio del bisonte americano, avvenuto nell'800.

Tra le tecniche impiegate, a parte le trappole e le tagliole, figurano il denning, che consiste nel versare kerosene nella tana e dargli fuoco, per uccidere i cuccioli nel loro riparo, e la disseminazione di piccoli dispositivi telecomandati di distribuzione di cianuro (gli acchiappacoyote) che spruzzano, tramite una piccola carica esplosiva, il veleno nella bocca degli animali attirati da un'esca aromatizzata, causandone la morte con una lentissima agonia. Un altro sistema micidiale è costituito dal Compound 1080, pericoloso agente chimico a base di sodio monofluoroacetato, che attacca il sistema nervoso dell'animale e ne provoca l'arresto cardiaco.

L'uccisione di massa di milioni di predatori (solo tra il 1961 e il 1970 furono disseminate, a distanze regolari una dall'altra, in modo da formare una rete micidiale, 141.000 esche a Compound 1080 per avvelenare i coyote), aggiunge l'economista americano, ha avuto come diretta conseguenza l'incontrollata proliferazione delle loro prede tradizionali, vale a dire di conigli selvatici, topi canguro, ghiri e altri roditori, che si sono riprodotti in eccesso. Per cercare di contenerne l'espansione, le agenzie governative non hanno fatto altro che spargere, tramite aerei, massicce quantità di cereali avvelenati.

La destabilizzazione dell'ecosistema ha favorito anche la moltiplicazione di locuste, cavallette, formiche e altri insetti, a loro volta sterminati con gigantesche dosi d'insetticida.

Le conseguenze del fenomeno definito da Rifkin "complesso bovino" sono state, come si può immaginare, devastanti per l'ambiente del continente nordamericano, ma la lobby degli allevatori, potente e ricca, è riuscita e riesce a mantenere comunque uno stretto controllo su immensi spazi demaniali, sfruttati ed esauriti a solo vantaggio dell'industria della carne. Oggi vaste parti del West degli USA sono così al collasso ecologico, anche in base a denunce dello stesso Bureau of Land Management, a causa delle pratiche di pascolo sconsiderate ed eccessive, che costituiscono anche un importante fattore di desertificazione.

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